Fonderia Artistica Battaglia
Battaglia Foundry Sculpture Prize #2
Ph. Francesca Iovene - Jessica Soffiati - Federico Villa
Ed. Francesca Iovene - Jessica Soffiati
Intervista a: Camilla Bonzanigo
Quest’anno Fonderia Artistica Battaglia presenta la Seconda Edizione del Battaglia Foundry Sculpture Prize - BFSP, un premio internazionale per giovani artisti che è dedicato alla fusione delle sculture in bronzo. Il nome della vincitrice Marguerite Humeau è stato annunciato alla fine del mese di ottobre e nel mese di gennaio avrà inizio la residenza presso la Fonderia, alla quale seguirà una mostra che inaugurerà nell’Aprile 2018, in occasione di Miart, Fiera d'Arte Contemporanea di Milano, dedicata all'opera vincitrice realizzata in residenza.
Abbiamo intervistato Camilla Bonzanigo, scultrice e responsabile di Cultura e Sviluppo all'interno della Fonderia, che fa parte della giuria di professionisti internazionali che ha valutato i progetti di questa seconda edizione, insieme a Martin Clark, direttore del Bergen Kunsthall a Bergen; Stefano Colliceli Cagol, curatore al Trondheim kunstmuseum di Trondheim; Michelle Cotton, direttrice del Bonner Kunstverein a Bonn; Alberto Salvadori, curatore delle sezioni Established e Decades a Miart - Fiera d'Arte Contemporanea di Milano; Thomas Thiel, direttore del Bielefelder Kunstverein a Bielefeld; Moritz Wesseler, direttore del Kölnischer Kunstverein a Colonia.
Camilla ci racconta, grazie al suo background di artista e scultrice, la sua esperienza in Fonderia, i criteri di selezione dell’artista e la sua visione sull'utilizzo del bronzo nell'arte contemporanea.
C.M: Come si può essere innovativi nella trasposizione di una tradizione antica che porta con sé i limiti tecnici dell'imprevisto e dell'errore?
C.B: In realtà l’innovazione non sta propriamente nell’aggiornare la tecnica, raffinata in migliaia di anni di fusioni, ma nel potenziale di lettura ed applicazione di essa. Non parlerei quindi di limiti tecnici quanto di parentesi in cui sperimentare. Al di là delle temperature di cottura, degli spessori delle cere o del comportamento del bronzo dopo la fusione, vi sono infinite possibilità di riporre idee nella materia, ed anche di tradurre superfici di qualunque materiale, organico e non, in nuove “pelli” di bronzo.
Dunque si parla di interessanti sinergie tra il costante adattamento del concetto artistico in relazione al tempo presente, ed il potenziale di traduzione di questo in bronzo.
C.M: Come si evolve la storia di questa tecnica nelle opere degli artisti contemporanei?
C.B: Si tratta di leggere con occhi sempre aggiornati la storia e il futuro di un materiale. Ogni forma creata dagli artisti è unica, e ogni fusione racchiude un approccio progettuale differente. Dunque muta ogni giorno la contestualizzazione (o decontestualizzazione) dell’opera in relazione ai linguaggi artistici contemporanei. Ad esempio l’“investment casting” (o fusione diretta del modello) è una tecnica non nuova ma sempre più utilizzata dai giovani artisti: fondere materiali e forme organiche e non (tessuti, plastiche, piante, animali, ...) senza passare dalla prima traduzione in cera significa affidare il materiale stesso all’evaporazione e comporta un margine di imprecisione ed incognita che rivela sempre nuove superfici e comportamenti della materia, una volta tradotta in bronzo.
C.M: Qual è lo scopo di un premio come questo, a Milano e nel mondo, oggi?
C.B: Lo scopo del BFSP è approfondire la ricerca intorno alla fusione in bronzo. Dare spazio e opportunità ad artisti giovani di sfidare la propria indagine utilizzando un antico alfabeto ed imparandone il linguaggio. È un processo in cui il tempo è un elemento necessario per comprendere le proprie forme in tutte le fasi, declinate negli elementi che concorrono a rendere la forma un oggetto quasi atemporale.
Inoltre la struttura del BFSP è stata creata per formare ponti tra diverse istituzioni culturali, e per aprire l’ormai obsoleta settorialità degli ambienti di produzione ad un nuovo scambio e nuovi potenziali di interazione tra tutti i progetti che nel mondo lavorano a supporto dei nuovi linguaggi artistici.
C.M: Divulgare è la sintesi di una condivisione di vedute tra chi organizza, cura, mette in piedi... e chi ci crede. Come è avvenuto l’incontro con lo sponsor di quest’anno?
C.B: La collaborazione con diverse istituzioni è da anni la nostra linea di sviluppo, per rendere ogni anno più interessanti le possibilità e offrirne di maggiori. Abbiamo da quest’anno il supporto di Banca Generali che da molto anni sostiene progetti d'arte contemporanea e che insieme a noi ha reso possibile avere un Premio più sostanzioso ed un orizzonte di sviluppo di maggiore respiro.
C.M: Il premio rende globale una tradizione e la comunica attraverso opere che racchiudono passato, presente e futuro. Questa visione futuribile di Fonderia Battaglia è sintomo di una necessità di dare un senso nuovo alla fusione evidenziandone nuove potenzialità e possibilità?
C.B: Anche se la fusione in bronzo non ha mai perso di senso, e questo è testimoniato dal fatto che questa tecnica sia stata utilizzata per 5000 anni ed ancora siamo qui a parlarne, aprire il discorso alla ricerca culturale e non solo alla tecnica è un modo di vedere con occhi diversi il linguaggio di questa linea di tempo antica e contemporanea, e trasportarla nel futuro non solo come materiale indistruttibile ma anche come veicolo di testimonianza del linguaggio artistico presente.
C.M: Il ruolo della giuria è un ruolo curatoriale e in un certo senso didattico perché porta con sé la responsabilità di scegliere chi e cosa testimonierà questo periodo storico dell’arte. Il bronzo ha una caratteristica “eterna”, che rende l'opera immortale, quindi la scelta del vincitore è una scelta molto importante, che ha un peso specifico e si colloca in un periodo temporale lungo e che andrà ad influenzare anche il futuro. Da qui la domanda abbastanza spontanea: come scegliete gli artisti vincitori del premio?
C.B: Questo è appunto il centro della tematica del BFSP#02: come dare coscienza alla traduzione di una forma presente che vivrà nel tempo. Agli artisti selezionati è stato richiesto di individuare una tematica o un valore che rappresentassero il momento globale attuale, e come declinarlo in una forma fisica in bronzo, attraverso un approfondito studio sul processo e sulle possibilità della fusione a cera persa tradizionale. Devo ammettere che non è stato semplice selezionare il vincitore vista l’alta qualità dei progetti presentati, ed è per questo che ci avvaliamo di una giuria internazionale e variegata di professionisti, avendo così una visione più oggettiva possibile rispetto all’artista a cui offrire questa grande opportunità.
«L’innovazione non sta propriamente nell’aggiornare la tecnica, raffinata in migliaia di anni di fusioni, ma nel potenziale di lettura ed applicazione di essa. (...) Al di là delle temperature di cottura, degli spessori delle cere o del comportamento del bronzo dopo la fusione, vi sono infinite possibilità di riporre idee nella materia, ed anche di tradurre superfici di qualunque materiale, organico e non, in nuove “pelli” di bronzo.»
C.M: La Fonderia è anche un polo aggregante per artisti di esperienze molto diverse, scambi di saperi, idee, vitalità e le innovazioni di cui parlavamo. La fusione è un processo complesso che necessita di un team di esperti dedicati a supervisionare e realizzare ogni step produttivo dell’opera. Come interviene la partecipazione di questi esperti, modera o indirizza la crescita di un progetto dal bozzetto alla fusione?
C.B: In questo credo che Battaglia sia una fonderia molto d’avanguardia. Una volta che l’artista arriva con l’idea seguono numerose riunioni in cui il progetto viene sviscerato e discusso approfonditamente insieme agli artigiani, per trovare la soluzione tecnica più vicina all’idea dell’artista ed anche per sfidare i confini di questa in apertura all’enorme varietà di passaggi e aggiustamenti possibili.
In questo offriamo tutta l’attenzione ed il tempo necessari per arrivare a risultati sempre più interessanti e frutto della collaborazione tra le parti.
C.M: Nella storia della scultura in bronzo, l’“impronta” è stata intermittente tra presenza e assenza, errore nell’antichità, valore aggiunto nella scultura moderna, come possiamo ritrovarla oggi nei processi di realizzazione delle opere contemporanee?
C.B: Come dicevo prima la sperimentazione delle fusioni dirette apre una grande parentesi di “errori” interessanti. Inoltre in un’epoca dell’iper-perfezione tecnologica, l’impronta manuale è sicuramente un valore aggiunto, ed ogni fusione un pezzo unico. Con la nostra ricerca e catalogazione sulle patine abbiamo inoltre ampliato il ragionamento sulle ossidazioni del bronzo, e la loro metamorfosi nel tempo.
«Viviamo nello spazio perso, per dare forma al tempo eterno.»
C.M: Per un artista la scelta del bronzo è un gesto in sé già carico di significato: ha la volontà di durare nel tempo, affermandone l’importanza nella storia e dandole un valore specifico anche in base alla forte relazione con lo spazio pubblico, che invece muta nel tempo. Possiamo dire che esiste una forte correlazione tra il materiale, le dimensioni di un’opera e la dimensione architettonica sia da un punto di vista di spazialità che di temporalità?
C.B: Oggi l’idea di “monumento” è anch’essa cambiata, forse per una visione meno retrospettiva sulla storia, o un’attenzione più precisa al presente come declinazione della memoria. In ogni scultura lo spazio intorno all’opera è quasi importante quanto l’opera stessa. Mi vengono in mente due esempi rispetto al bronzo: la meravigliosa mostra sui bronzi ellenistici “Potere e Pathos”, Palazzo Strozzi a Firenze (2015), in cui vi era la stessa scultura presentata sia in marmo che in bronzo. In quel caso era evidente la voce formale diversissima dei due materiali ed il loro eco nello spazio. Dunque a parità di forma e contesto la scelta del materiale crea linguaggi totalmente diversi, anche di relazione tra il fruitore e la forma stessa.
Un’altra esperienza che mi viene in mente è una mostra di Henri Moore alla Gagosian di Londra ( Britannia St, 2012), dove poche sculture, di portata monumentale, erano presentate nel white cube in modo che i vuoti e l’assenza di materia nella forma, accoglieva l’architettura dello spazio, incorniciandola.
Vedo molto stretta la relazione tra scultura ed architettura, tra positivo e negativo, e la posizione dello sguardo nello spazio e nella negazione dello spazio (presenza della forma).
C.M: La scultura contemporanea in generale possiede inoltre un’altra caratteristica importante: convive con la spazialità e l’architettura, affronta l’argomento del “luogo”, per potersi rapportare allo spazio in cui “sta” senza dimenticarsi quello che “è” in sé. Possiamo dire che la Fonderia si propone quindi come un punto non solo di lavoro ma di scoperta, sia per gli artisti che si trovano ad abitare un luogo temporaneo da rendere proprio, sia per chi è coinvolto nel processo artistico durante la residenza?
C.B: Si certo, non sottovaluterei l’atmosfera di creazione anche in un luogo di esperienza tecnica.
C.M: Sempre a proposito dello spazio: dove si svolgono le diverse fasi di studio, preparazione e fusione delle opere? Sono sempre dei punti fermi o variano a seconda di come lavora l’artista e del materiale di cui ha bisogno durante la residenza?
C.B: Abbiamo uno studio dedicato alla fase di creazione dei modelli e tutto l’opificio una volta che parte la produzione. Non costruendo automobili, ma opere d’arte, l’adattamento alle specificità di ogni lavoro (sia per l’artista che per la fonderia) è una qualità imprescindibile per un luogo come Battaglia.
C.M: Sicuramente ci saranno molti oggetti o scarti particolari abbandonati negli spazi che gli artisti hanno utilizzato per realizzare le loro opere: qual è l'oggetto più strano che vi ritrovate in giro per la Fonderia che avete conservato?
C.B: “Strano”... parola abolita in Fonderia. Non c’è giorno in cui non arrivino idee diverse.
Non esiste propriamente “lo scarto" poiché tutti i materiali sono coinvolti nel pezzo finale o riciclati, ed il modello rimane all’artista in quanto opera d’arte originale.
Dall’ultima edizione del BFSP ci sono rimaste le vissutissime sneakers leopardate di Nicolas Deshayes appese letteralmente al chiodo nello studio: non le chiamerei scarto ma le teniamo come amuleto per le prossime edizioni!
Abbiamo fuso anguille, aloe vera, cortecce, anatomie, tessuti, volti, paglia, palme, crocifissi e diavoli, pinnae nobilis estinte e monumenti russi, oggetti di design prestigiosi e cammelli giganti, e moltissimo altro. Ci rimangono gli stampi, i negativi, le forme rubate, che accudiamo attendendo una nuova fusione. Viviamo nello spazio perso, per dare forma al tempo eterno.