

J.S: Ciao Paola, grazie per avermi ospitata qui nel tuo laboratorio. Partirei proprio da questo posto. È molto importante per te perché hai con lui un legame familiare speciale, ti va di parlarne?
P.R: Ti ringrazio per la domanda che mi permette di parlarti brevemente di mio padre e del suo lavoro di tornitore meccanico. Forse è proprio questa l'origine, il duro lavoro di mio padre curvo sul tornio, le sue mani nere, lo scintillio dei truccioli di ferro, la fatica e la magia di un operare a me sconosciuto e familiare allo stesso tempo. Lo spazio che ora accoglie le mie opere era la sua officina meccanica attrezzata con torni manuali degli anni '70, dei macchinari dalla presenza enigmatica e meravigliosa di cui conservo ancora qualche manovella, come se fossero preziosi cimeli di famiglia. La scultura nasce da lì, l'idea primigenia di trasformare la materia era già nella fucina di mio padre.
J.S: Quando da bambina venivi qui, immaginavi che un giorno questo spazio sarebbe diventato per te così personale e intimo?
P.R: Assolutamente no, lo spazio di lavoro di mio padre l'ho scoperto in età adolescente, da bambina il mio luogo d'elezione era il bosco, uno spazio aperto ma nascosto, il regno dell'immaginario. Solo quando mio padre si è avvicinato all'età della pensione, ho iniziato a vedere l'officina come la “casa” ideale dove realizzare le mie sculture, bisognava solo avere pazienza e guadagnare con il lavoro la fiducia e la generosità dello spazio che via via andavo occupando. Ogni opera creata in quel luogo era per me una domanda silenziosa che chiedeva di essere accolta.
«Ogni opera creata in quel luogo era per me una domanda silenziosa che chiedeva di essere accolta.»


J.S: Qui lavori ad ogni fase di creazione delle tue opere. In genere c’è molta poca conoscenza dei processi che costituiscono il lavoro dello scultore prima di ottenere il “prodotto finito”; non parlo solo di chi non è del settore, a volte anche galleristi e collezionisti ignorano le scelte compiute dall’artista in fase di creazione anche se spesso si tratta di ciò che costituisce il vero valore di un’opera. Tu come ti prepari di solito a uno studio - visit? Come vivi la tua relazione col mercato dell’arte contemporanea?
P.R:La scultura pone come prima necessità la capacità di coniugare l'idea con il mestiere, la conoscenza dei materiali e l'uso degli attrezzi per lavorarli è fondamentale. Io sono stata molto fortunata in questo, perché ho potuto frequentare lo studio di colui che sarebbe poi diventato il mio maestro, lo scultore Pietro Scampini. Mi sono formata nel suo laboratorio e posso dire che mi ha tenuto “ a bottega”, come si faceva un tempo, seguendo con pazienza e costanza il lungo percorso di apprendimento. Credo che ci possa essere piena libertà d'azione solo quando le mani sanno cosa fare. Penso che l'atto della creazione sia guidato da una necessità interiore, che se espressa con sensibilità e conoscenza attraverso la materia può dar voce alla nostra individualità. Per quanto riguarda il mercato, che bene si applica alle merci, diviene una forzatura quando si parla di Arte. Penso sia arduo stabilire un prezzo a un'espressione individuale dell'anima , ma come tutti gli oggetti creati dall'uomo anche lei può assoggettarsi a delle leggi commerciali, seppur il mercato dell'Arte sia un discorso abbastanza recente. Comunque, mi piace credere che qualcosa all'ultimo possa sottrarsi, che l'artista mosso da uno spirito anarchico, possa talvolta ingannare il piatto della bilancia che stabilisce un peso e una misura per ogni cosa. È forse un'ingenuità, ma sognare è una libertà che non conosce regole e l'Arte rimane per me il sogno della materia.




«Mi piace credere che qualcosa all'ultimo possa sottrarsi, che l'artista mosso da uno spirito anarchico, possa talvolta ingannare il piatto della bilancia che stabilisce un peso e una misura per ogni cosa. È forse un'ingenuità, ma sognare è una libertà che non conosce regole e l'Arte rimane per me il sogno della materia.»






J.S: Sono stata nel tuo laboratorio in inverno e le temperature erano abbastanza basse, d’altra parte come mi spiegavi, non c’è riscaldamento. Non sembravi assolutamente infastidita dal freddo, sarà perché quando ci si mette anima e corpo nel “fare”, alcuni bisogni primari passano in secondo piano. Mi hai spiegato che queste condizioni non sono ideali per la formatura e che di solito in inverno ti dedichi alle fasi di finalizzazione e perfezionamento dell’opera, come la levigatura. Immagino che osserverai i tuoi lavori centinaia di volte in tutta la lunghezza della loro vita, ma ti è mai capitato di non riconoscerti in una scultura finita?
P.R: Parto dalla convinzione che l'arte sia un bisogno primario per l'Uomo. All'inizio dei tempi, l'Homo Sapiens ha avuto la necessità di rappresentare il mondo, per propiziare la caccia, per elevare lo spirito o forse per afferrare una verità in ciò che vedeva, noi non lo sapremo mai, ma resta il fatto che l'atto della creazione era necessario per nutrire un'esigenza dell'anima. In me questo concetto persiste, per questo non mi lascio scoraggiare dalle intemperie, semplicemente mi adeguo come l' albero che muta con le stagioni pur rimanendo sempre quello che è. Tu mi chiedi se in alcune opere io non mi riconosca, penso che ogni scultura sia il risultato di uno sforzo che mi permette di avvicinarmi all'idea originaria, non c'è mai una forma certa e univoca, si procede per tentativi, ci si avvicina e a volte si è lontanissimi e si continua nella ricerca finché la visione non appare in modo nitido. C'è sempre qualcosa che non convince, per questo si ripetono le forme nelle loro infinite varianti di proporzione, scansioni di ritmo e armonie. Ogni opera, anche nel suo essere parziale, porta in sé un'impronta più o meno marcata del mio essere perché nasce dalla necessità interiore di esprimere la mia visione del mondo.


J.S: La posizione dell’uomo nella società e il superamento dei limiti sono al centro della tua ricerca. Le tue opere sono espressione di un tuo desiderio o sono una manifestazione di libertà?
P.R: Nell'atto stesso della creazione c'è un desiderio forte, direi meglio, una necessità di operare in totale libertà, questa prepotenza nasce da un'esigenza d'espressione e s'imprime come carattere dominante nell'opera. Nelle mie sculture c'è la forza della vita che afferma sé stessa, che lotta per superare i suoi limiti, che spinge per cercare un varco e irrompere con tutta la sua incontenibile esuberanza.
J.S: Il sole mi ha accompagnata durante la visita e ad ogni cambio di luce emergevano nuove forme organiche tra gli scaffali e i corridoi. È stato un po’ come nuotare tra i relitti di un vascello e scoprirlo pieno di tesori. La sensazione talvolta è quella di trovarsi a osservare qualcosa di proibito, di troppo intimo e allo stesso tempo di partecipare a un’evento straordinario, l’incarnazione di una forza esibita nella sua nudità. Le tue sculture hanno sempre un ruolo potente o qualche volta si sottomettono?
PR: Penso che tutto ciò che è animato e che contiene in sé il mistero di una vita, ha qualcosa di straordinario e di potente, di osceno e di intimo, la scultura è per me una materia viva, un'anima nuda e fremente che non conosce argini abbastanza alti o forti che possano contenerla o sottometterla.

