Join our newsletter
Interview and studio visit #13
_MG_1055_MG_1055

C.M.: Di solito lavori sulla mitologia e sull’impatto che ha sull’arte contemporanea. Perché e quando hai iniziato a lavorare su questi temi? Anche il suono ha avuto un ruolo importante nelle tue opere, per evocare il passato…

M.H.: Quando mi sono diplomata, nel 2010, stavo lavorando a un progetto intitolato The Opera of Prehistoric Creatures. Volevo riportare alla vita i ruggiti degli animali preistorici ricostruendo i loro tratti vocali. Per cui ho contattato il Museo di storia naturale di Londra per avere dati e modelli 3D dei tratti vocali degli animali preistorici – le corde vocali, la laringe, la trachea, i polmoni. Presto mi sono resa conto che, trattandosi di tessuti molli, non si erano fossilizzati. Erano svaniti per sempre. Persino gli scienziati con cui ero entrata in contatto non erano in possesso di questi dati, perché gli animali su cui stavo lavorando (un mammut, un ambulocetus e un suide) si erano estinti da milioni di anni. Non c’era modo di recuperare informazioni reali sui loro tessuti molli. In quel momento ho compreso che forse sarebbe stato interessante spostarmi nel campo dell’immaginazione, utilizzare i dati scientifici che ero riuscita a trovare per immaginare come avrebbero potuto essere, per riempire le lacune. Attraverso l’immaginazione volevo anche riprogettarli. È stato allora che ho iniziato a lavorare non solo confrontandomi con gli scienziati ma attingendo da miti e narrazioni per essere in grado di ricreare le cose che volevo ricreare.
Da quel momento in poi questo modo di lavorare si è trasformato in un modello, per cui i miei progetti nascono sempre da un mistero, da un enigma legato all’esistenza dell’uomo. Per esempio ho lavorato su un elisir di lunga vita, sull’immortalità, sul cercare di riportare alla vita le creature preistoriche, sul ricreare la voce di Cleopatra. Per un altro progetto ho ricostruito i suoni della porta dell’inferno che si dice si trovi in Siberia, dalla cui crosta terrestre si leverebbero urla umane. Tutti questi progetti hanno a che fare con ciò che non conosciamo o ciò che abbiamo cercato di esplorare per anni. Sto cercando di creare connessioni tra ere diverse, la nostra età contemporanea e le altre, e di risalire alle radici di queste ossessioni, di questi sogni antichi. È stato così che tutto è cominciato e, da allora, ho sempre lavorato muovendomi in diversi campi che hanno a che fare con la conoscenza scientifica: ho lavorato con paleontologi, con biologi, con zoologi e così via, a seconda del progetto, per poi tuffarmi nelle mitologie e nelle diverse culture, includendo forme di conoscenza che di solito non sono legate tra loro.

 

  • gallery-image
  • gallery-image

«Fino a questo momento il mio metodo ha sempre previsto un rigido controllo della linea di produzione fin dalle prime fasi, ho sempre saputo esattamente come volevo che fosse una scultura persino prima di iniziare a farla.»

C.M.: Hai quasi sempre utilizzato tecniche digitali, come la modellazione 3D, e materiali come le resine: tecniche e materiali che servono a raggiungere la perfezione. Hai mai preso in considerazione la possibilità di errori o comunque di “segni umani” sulle tue sculture?

M.H.: Devo ammettere che finora non ho lasciato molto margine all’errore. Tengo sotto stretto controllo il mio lavoro, forse perché non ho studiato arte ma design, per cui la mia formazione è in disegno del prodotto. Fino a questo momento il mio metodo ha sempre previsto un rigido controllo della linea di produzione fin dalle prime fasi, ho sempre saputo esattamente come volevo che fosse una scultura persino prima di iniziare a farla.
Sto cercando di creare sculture ad alta definizione utilizzando tecnologie che sono anch’esse molto sofisticate e che non ero in grado di utilizzare da sola. Di solito non lavoro direttamente alle mie opere, perché l’effetto che voglio ottenere sarebbe troppo difficile da raggiungere senza alcun aiuto. Ho sempre lavorato con artigiani molto specializzati, con capacità molto specifiche, utilizzando macchine come quelle a controllo numerico (MCN) che possono scolpire una forma in modo estremamente preciso partendo da un modello 3D in digitale.
Di recente però mi sembra che le cose stiano un po’ cambiando: per esempio, per il mio ultimo progetto, che ho portato avanti per Versailles e per Zurigo, ho dovuto creare due sculture enormi. Ma è successo qualcosa di inaspettato, un’incomprensione con l’artigiano. Stavamo lavorando a una maschera e, a causa di questa incomprensione, alla fine aveva il lato davanti liscio, ma non il retro. Abbiamo litigato ma alla fine ho dovuto trovare un compromesso. Il tempo stringeva. E ho pensato che in realtà era proprio interessante che la maschera fosse ad alta definizione da un lato ma non dall’altro. Avremmo mantenuto la struttura metallica sul retro visibile, rendendo visibile anche la traccia della mano dell’uomo. Una decisione molto distante da quello che ho sempre fatto. In quel caso però aveva senso, perché si trattava di una sfinge, una figura che è stata inventata dall’uomo, al contrario dei miei altri lavori che erano ricostruzioni di creature esistenti che erano estinte o che avrebbero potuto vivere in una realtà parallela. A ogni modo si trattava di creature che non avevano  bisogno dell’essere umano per esistere, al contrario della sfinge che, dall’uomo, è stata creata. Per questo ho deciso di includere la traccia umana in questa scultura. La situazione in cui mi sono trovata mi ha aperto nuovi mondi, è stato molto esaltante. Col bronzo, poi, è un’esperienza ancora diversa, perché per ora ho sempre e solo lavorato con resina e vetroresina, e il bronzo è un materiale molto diverso. Comprendere il processo attraverso cui viene prodotto richiede tempo. Ho sempre istruito gli artigiani, spiegando loro che volevo cancellare ogni traccia della mano dell’uomo, ma con il bronzo si tratta di un processo opposto, perché questa tecnica di fusione richiede necessariamente l’intervento umano. Abbiamo parlato a lungo, io e gli artigiani, del fatto che questo è forse l’unico settore in cui puoi imparare solo da un’altra persona. Non puoi imparare la tecnica su internet, gli esseri umani non saranno mai sostituititi da una macchina: devi per forza imparare da un mastro artigiano. Il fatto che tutto ciò possa esistere solo in presenza dell’uomo, a differenza di quello che ho sempre fatto, ovvero lavorare prevalentemente con le macchine, è molto interessante. Mi interessa esplorare questi estremi.

_MG_1121_MG_1121

C.M.: È la prima volta che lavori con la fusione del bronzo? Hai detto che il bronzo è molto diverso dai materiali che hai utilizzato in passato per via dei molti passaggi delicati nella creazione del modello per la fusione a cera persa e nel processo di rifinitura.

M.H.: Finora ho sempre lavorato con sculture in resine, in vetroresina. Spesso nei miei progetti c’erano anche altre componenti – suoni, voci, luci – o altri elementi come un tappeto, un affresco, un odore. Per quel che riguarda la scultura ho sempre e solo lavorato col polistirene, il poliuretano e le resine. Nel processo di lavorazione del bronzo c’è una specie di rituale… te ne accorgi quando lavori sulla fusione, che questo materiale è stato utilizzato per migliaia di anni, e te ne rendi davvero conto quando assisti al processo di fusione. Quando studiavo design del prodotto ho imparato a lavorare con la ceramica, ho lavorato col legno e col metallo, e penso che per ciascun materiale ci siano tradizioni e rituali specifici.

C.M.: Qual è stata la prima opera che hai ritenuto importante nella tua carriera d’artista?

M.H.: The Opera of Prehistoric Creatures, credo. È stato il lavoro con cui mi sono diplomata al Royal College of Art. Ho iniziato lavorando su un mammut. Dopodiché, sono riuscita a trovare dei finanziamenti e a completare l’opera con tre enormi creature, e per questo credo si tratti del lavoro che ha lanciato la mia carriera. È stato allora che ho sentito che stavo lavorando a qualcosa che era importante per me ma anche, in un certo senso, per la società. Ho sentito che stavo inventando un nuovo tipo di conoscenza che prima non c’era, e anche questa cosa per me è stata molto importante. Mi piace lavorare con tanti gruppi diversi di persone, facendo in modo che tutte queste persone parlino tra loro e parlino con me, raccogliendo tutti questi saperi, creando ponti tra discipline, mi sembra di stare sempre cercando di inventare forme di conoscenza che ancora non esistono. E la prima volta che ho sentito davvero di stare facendo tutto questo è stato mentre lavoravo all’Opera of Prehistoric Creatures.

«Mi piace lavorare con tanti gruppi diversi di persone, facendo in modo che tutte queste persone parlino tra loro e parlino con me, raccogliendo tutti questi saperi, creando ponti tra discipline, mi sembra di stare sempre cercando di inventare forme di conoscenza che ancora non esistono.»

«Nel processo di lavorazione del bronzo c’è una specie di rituale… te ne accorgi quando lavori sulla fusione, che questo materiale è stato utilizzato per migliaia di anni, e te ne rendi davvero conto quando assisti al processo di fusione.»

C.M.: Chi sono i tuoi eroi? Non solo in campo artistico, in generale le persone da cui hai imparato o che ti sono state d’ispirazione.

M.H.: Uno dei miei eroi è Sylvain Tesson, un esploratore francese che è anche scrittore. Ha vissuto un sacco di esperienze estreme. È andato in Siberia, sul lago Baikal, e ha vissuto lì per sei mesi senza corrente elettrica, senza cibo. È un poeta, uno scrittore formidabile, un filosofo meraviglioso. Le sue esplorazioni cercano di farci pensare al modo in cui funziona la società, i suoi viaggi sono un mezzo per svelarne i sistemi. Ha seguito, per esempio, il percorso del petrolio dalla Cina alla Turchia per vedere dove viene estratto e come viene usato, e l’ha fatto viaggiando senza utilizzare automobili o altri mezzi di trasporto che avrebbe richiesto l’uso di petrolio, a piedi e in bicicletta. Per cui il suo è stato anche un viaggio per riflettere su cosa significhi al giorno d’oggi l’utilizzo di energia, sia dal punto di vista fisico, sia da quello spirituale.

_MG_1191_MG_1191
Contents curated by
CAMERÆ MAGAZINE
Camerae is not a journal as it is updated without any periodicity. It can not therefore be considered an editorial product under Law No. 62, 7.03.2001.